APICOLTURA

L’APICOLTURA NOMADISTICA O LA TRANSUMANZA

Nell’apicoltura stanziale gli alveari sono fissi e il territorio di raccolta delle api non supera il raggio di 2 o 3 km attorno all’alveare – il che pone dei limiti alla raccolta.

L’apicoltura nomade consiste nello spostare gli alveari da un posto all’altro in funzione della presenza di piante nettarifere (cioè delle basi zuccherine da fornire alle api). Inoltre tali spostamenti consentono la produzione di mieli uniflorali permettendo una migliore offerta del prodotto finale. La transumanza è una tecnica di allevamento assai antica, già praticata dai nomadi, che trasportavano i loro alveari a dorso d’animale.

In Italia sul Po, come in Egitto sul Nilo, gli alveari venivano caricati su appositi battelli che risalivano il fiume verso le regioni dalle melate più favorevoli. Quando si raggiungeva una certa linea di galleggiamento, gli alveari erano pieni.

Oggi gli spostamenti degli alveari avvengono su strada: li si carica al calare della notte (quando tutte le api sono rientrate) e si scaricano all’alba. I veicoli utilizzati, dal rimorchio per auto al camion, variano in funzione dell’importanza dell’allevamento. Spesso gli alveari sono scaricati e risistemati nella zona scelta per il pascolo, ma a volte, per ridurre le manutenzioni, gli alveari vengono lasciati su veicoli attrezzati allo scopo.

Gli spostamenti sono spesso funzionali a variazioni di altitudine, e al procedere della stagione, cominciando dalle pianure e vallate precoci tra aprile e giugno, seguendo le fioriture più tardive di luglio e agosto, per finire con la raccolta delle melate d’abete, prima di tornare a svernare in pianura. L’agricoltura utilizza i servizi dell’apicoltura nomade per l’impollinazione dei frutteti.

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